In questo quadro, la produzione letteraria della prima metà del Quattrocento si esprime essenzialmente in latino, mentre il volgare resta relegato a scopi prevalentemente pratici e ad ambiti più limitati: testi religiosi (laude, prediche, libri devozionali, sacre rappresentazioni), novelle, memorie, cantari e poesie giocose (si ricordano in particolare i sonetti dello stravagante barbiere fiorentino Domenico di Giovanni, detto il Burchiello).
Intorno alla metà del secolo, tuttavia, anche il volgare riconquista dignità di lingua letteraria. Una gara di poesia in volgare svoltasi a Firenze nel 1441 (Certame coronario), promossa da Leon Battista Alberti, autore di importanti trattati tecnici in latino, segna l’inizio del nuovo umanesimo volgare, sostenuto poi dallo stesso Lorenzo il Magnifico, che promuoverà decisamente l’uso dell’italiano come lingua ufficiale e di cultura.
Insieme a Lorenzo de’ Medici, poeta di qualità oltre che straordinario uomo politico, protagonisti di questa nuova stagione della letteratura furono: Poliziano e Sannazzaro, che trasferirono al nuovo mezzo espressivo i temi e le forme dei classici; Luigi Pulci e Matteo Maria Boiardo, autori di romanzi cavallereschi in ottave (rispettivamente il Morgante e l’Orlando innamorato) nei quali riunirono motivi epici e burleschi.
Nel panorama del secolo si staglia nella sua multiforme produzione il genio dell’artista e scienziato Leonardo da Vinci (1452-1519): i suoi manoscritti, materiali vari e abbozzi di trattati, corredati da ampie serie di disegni, sono tutti in volgare e abbracciano i più vari ambiti della ricerca, dagli studi naturalistici a quelli anatomici, dalla fisica alla geologia, dalle tecniche della pittura all’architettura. Tra questi si ricordano in particolare il Codice Atlantico (Biblioteca Ambrosiana di Milano), il Codice sul volo degli uccelli ( Biblioteca Reale di Torino) e il Codice Windsor (Royal Library).