Nel Canzoniere la parola che più di ogni altra muta di forma e di significato è Laura. Petrarca utilizza questo nome come senhal (segnale), un appellativo fittizio che nell’antica poesia provenzale era usato per alludere alla donna amata o anche ad altro personaggio senza mai nominarli direttamente.
Laura diventa lauro, l’aura, l’auro (che richiama oro in lingua latina), da cui derivano laureato, laurea (da lauro), aureo, aurato (da auro). Sono parole che ritornano continuamente nei versi più significativi delle singole poesie e costituiscono una specie di eco, di suono ricorrente.
La prima a fare la sua comparsa nel Canzoniere e a ritornare con più frequenza è il maschile del nome Laura - lauro - e il suo sinonimo alloro, che richiama il mito Apollo e Dafne: Laura perciò significa amore non corrisposto, ma anche ispirazione poetica, divina. Questo nome riassume quindi i due pilastri della vita del poeta (o le sue catene di diamante, come ammonisce Agostino nel Secretum: l’amore per un’unica donna e l’amore per la gloria letteraria.
Laura è anche l’aura, cioè la brezza, l’aria che, secondo un tema diffuso nella poesia provenzale, soffia dal paese della donna amata per portare il suo ricordo al poeta lontano; è l’auro, l’oro, per il colore biondo dei capelli e per lo splendore del sole, con cui il poeta la identifica. Così tutto il Canzoniere risuona di questa presenza amorosa senza che il suo nome venga mai veramente pronunciato: il poeta infatti usa esclusivamente l’appellativo colei che sola a me par donna (CXVI,4).
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