I Canti comprendono gli Idilli (1818-1821), le Canzoni (1818-1823), i Canti pisano-recanatesi (1828-1830), il Ciclo di Aspasia (1830-1837).
Gli Idilli (1818-1821)
Leopardi raccoglie sotto il nome di Idilli[1] poesie nelle quali, oltre a descrivere la bellezza del paesaggio e degli elementi naturali, stabilisce con loro un colloquio diretto che gli permette di manifestare i suoi sentimenti più intimi e profondi (L'infinito, La sera al dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria, Il primo amore, Il passero solitario; Odi, Melisso).
Le canzoni (1818-1823)
Nel 1818 Leopardi, influenzato anche dall'amicizia che lo lega a Pietro Giordani, scrive le cosiddette canzoni civili, in cui con tono appassionato denuncia l'attuale decadenza dell'Italia mettendola a confronto con la grandezza del passato (All'Italia e Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze).
Le canzoni scritte fra il 1820 e il 1823 risentono dell'influenza di Foscolo e Alfieri e contengono dure invettive contro l'età contemporanea, incapace di qualsiasi eroismo e nobiltà , così diversa dalle civiltà antiche in cui regnavano sovrane la generosità e la grandezza. Nel tempo presente hanno importanza solo l'apparenza esteriore, la forza e il potere, mentre la virtù e l'intelligenza non hanno alcun valore (Ad Angelo Mai, Nelle nozze della sorella Paolina, Ad un vincitore di pallone, Bruto minore, Ultimo canto di Saffo, Alla primavera o delle favole antiche, Inno ai patriarchi, Alla sua donna).
I Grandi Idilli o Canti pisano-recanatesi (1828-1830)
Leopardi riprende a scrivere versi dopo anni in cui si è dedicato esclusivamente alla prosa componendo le Operette morali. Inizia questi canti mentre si trova a Pisa, nella primavera del 1828, e ne continua la stesura anche dopo il ritorno a Recanati. I canti pisano-recanatesi vengono chiamati anche Grandi Idilli per metterne in luce l'aspetto sentimentale e l'attenzione al paesaggio che li accomuna alle poesie del 1819-21. In realtà in questa fase, come già nelle Operette morali, Leopardi guarda la natura con occhi diversi e la considera ostile e ingannevole. La natura matrigna crea i suoi figli all'affanno e promette loro una felicità destinata a non realizzarsi mai o comunque a dissolversi per opera del tempo e della morte. Di fronte a questo tragico destino, comune a tutte le umane genti, il ricordo (la ricordanza) rappresenta l'unica possibilità di recuperare dal passato immagini, sensazioni, emozioni care e ormai trascorse (Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio.
Il ciclo di Aspasia (1830-1837)
Aspasia, vissuta a Mileto fra il 470 e il 400 avanti Cristo, era una donna colta, saggia e dotata di notevole abilità politica. Leopardi chiama con questo nome Fanny Targioni Tozzetti, di cui è innamorato e per la quale scrive le cinque liriche che compongono il ciclo: Il pensiero dominante, Amore e morte, A se stesso, Consalvo, Aspasia.